L’ansia generalizzata è la condizione in cui una persona si sente ansiosa per la maggior parte del tempo e vive costanti preoccupazioni che riguardano diversi ambiti di vita (salute, lavoro o studio, finanze, famiglia sono i più comuni). Tali preoccupazioni possono essere così intense e durature da ridurre in modo significativo la qualità di vita della persona: da un lato tolgono concentrazione impedendo alla persona di svolgere in modo adeguato i compiti della vita quotidiana, rendendola meno efficiente e più esposta al giudizio negativo degli altri e alle autovalutazioni negative; dall’altra sottraggono energie al pari di uno sforzo fisico procurando svariati sintomi, tra cui:
Raramente si riesce a individuare un momento preciso in cui la problematica si sia manifestata per la prima volta. Quando sono intervistate al riguardo, di solito le persone riferiscono di essere così da sempre. Il disturbo ha un andamento cronico e tende a peggiorare in condizioni di stress.
Talvolta le persone si rendono conto di preoccuparsi in modo eccessivo, tuttavia la sensazione che sperimentano è quella di non poter fare diversamente e si sentono incapaci di fermare il flusso dei pensieri.
Provare ansia per qualcosa che ci preoccupa è una reazione del tutto normale. Se un familiare dovesse subire un delicato intervento chirurgico, sarebbe naturale provare ansia e preoccupazione. Chi soffre di ansia generalizzata non riesce a prendere le distanze da queste preoccupazioni (che tecnicamente chiamiamo “rimuginio”) che finiscono per occupare l’intero spazio mentale della persona per tempi prolungati causando le conseguenze che abbiamo illustrato prima.
Come mai ci sono persone che tendono a rimuginare così tanto? Si è riscontrato che i forti rimuginatori attribuiscono, anche se in modo non consapevole, alla preoccupazione una valenza positiva. Di seguito illustriamo alcune di queste funzioni positive:
Nonostante le persone abbiano queste convinzioni, il rimuginio in realtà non consente di trovare alcuna soluzione o di proteggere in qualche modo chi si preoccupa. Si tratta infatti di un’attività di pensiero sterile che non conduce mai ad un’azione volta a modificare la situazione minacciosa, anzi, alimenta soltanto ulteriori preoccupazioni che si susseguono come in una catena andando a costruire scenari futuri catastrofici che finiscono per sfinire e demoralizzare chi rimugina. Un esempio di come agisce il rimuginio è il seguente:
Lucia domani deve affrontare un esame all’università, si percepisce in ansia ed inizia a pensare a che cosa accadrebbe se non passasse l’esame. In un attimo la sua mente si ritrova a pensare così: “Se domani verrò bocciata, perderò del tempo e non riuscirò a laurearmi in tempo. Se non mi laureerò in tempo, sarò tagliata fuori dal mercato del lavoro e se dovesse succedere non potrò più fare la professione che desidero. Io però non so fare nulla, dovrei fare un'altra università, anzi sarebbe meglio che cambiassi università adesso, ma, se cambiassi adesso, cosa direbbero i miei genitori?”
Come vediamo dall’esempio, Lucia potrebbe continuare ancora a lungo con questa concatenazione di “e se…”. Tutto ciò, però, non la aiuta ad affrontare meglio l’esame, anzi, le fa perdere tempo prezioso lasciandole in eredità soltanto stanchezza, ansia ed altri sintomi che le rendono ancora più difficile raggiungere il suo obiettivo.
La terapia cognitivo comportamentale aiuta chi soffre di ansia generalizzata a gestire le preoccupazioni in modo efficace impedendo che diventino pervasive e totalizzanti, restituendo quella qualità di vita che è stata sottratta dall’ansia e dal rimuginio.