Alcuni giorni fa, complice il bel tempo, sono uscito in giardino con l’intento, nonostante le mie scarse abilità da giardiniere, di prendermi cura delle piante. Ho notato subito che la pianta di aloe vera che alloggia in un vasetto aveva una foglia spezzata. Ho rimosso la parte spezzata, l'ho tenuta alcuni secondi nel palmo della mano ed è accauta una cosa molto interessante. La mia attenzione si è focalizzata su quel vegetale notandone la forma triangolare, le escrescenze puntute ai bordi e il colore verde. L’ho rimirata alcuni secondi poi l’ho presa tra le dita percependone la temperatura e la consistenza al tatto, quindi l’ho spezzata . Non avevo mai avuto a che fare con un’aloe vera così da vicino e vedere quello che conteneva la foglia mi ha profondamente sorpreso: una sostanza gelatinosa di colore verde che rifletteva la luce del sole in infiniti barbagli. Ho toccato l’interno e l’ho annusato rendendomi conto che tra me e l’aloe non c’erano filtri, non c’erano pensieri, non c’erano ricordi, non c’erano anticipazioni sul futuro. C’era la foglia di aloe e c’erano i miei sensi, nulla di più. Ad un c’erto punto la mia mente mi ha ricordato che il giardino richiedeva le mie cure per cui ho deposto l’aloe e mi sono dedicato alle altre piante. Una sensazione particolare, però, mi ha accompagnato per i minuti successivi: la sensazione di aver fatto un’esperienza profonda, di aver nutrito il mio essere con quel contatto. La piena connessione che ho stabilito con l’aloe in realtà è stata una piena connessione con me stesso, ero pienamente presente nel momento, lo sentivo e questa presenza si è incarnata nel mio corpo fino a comunicarmi che avevo fatto qualcosa di molto prezioso per me stesso: mi ero concesso la possibilità di essere presente, uscendo dalla modalità solita del fare. Il mio corpo lo ha notato e per questo mi ha ringraziato.
Quella qualità di presenza che ho sperimentato in questo contatto con l’aloe vera possiamo definirla mindfulness. Si tratta di una qualità innata in ciascuno di noi, che in alcuni casi emerge spontaneamente. Nel mio caso non è stato difficile, era la prima volta che entravo in contatto con l’aloe vera, non l’avevo mai vista così da vicino e per un attimo sono diventato un bambino che scopre il mondo, con quella stessa curiosità. Se fra qualche giorno provassi a ripetere la stessa esperienza e mi avvicinassi nuovamente a una foglia di aloe vera sarebbe molto più difficile avere quegli occhi da bambino. La mia mente si attiverebbe subito: ci sarebbero aspettative rispetto a come dovrebbe essere o emergerebbero ricordi rispetto alla foglia di qualche giorno prima, magari si attiverebbe il desiderio di sentirmi così profondamente in pace con me stesso come era capitato la volta precedente. Tutta questa attività mentale, che emergerebbe spontaneamente per il semplice fatto che mi appronterei ad affrontare qualcosa che è già nel mio bagaglio di esperienze, si frapporrebbe fra me e l’aloe, ridurrebbe la mia capacità di stare nel momento. Sarei dentro i miei pensieri e non più in contatto diretto con la foglia. Questo toglie vividezza all’esperienza, rende tutto meno “vero”. Il pensiero diventa un filtro che offusca l’esperienza.
Proviamo a pensare a cosa accade quando le attività di diventano routinarie: andare al lavoro, prendersi cura della casa, stare con le persone a cui vogliamo bene. Passo più tempo perso nei ricordi o nelle aspettative, nei giudizi su come le cose dovrebbero esser, piuttosto che essere in pieno contatto con l’esperienza. Il mio agire diventa meccanico, opaco, sono distante, spesso frustrato, poiché raramente le cose nella realtà combaciano con le mie aspettative e i miei desideri; la fatica cresce e io ne sono sempre più invischiato.
Potermi invece allenare a coltivare la mindfulness mi permette di guardare intenzionalmente il mondo con gli occhi del bambino, pieni di curiosità e meraviglia e riscoprire che non esiste situazione dalla quale non si possa apprendere qualcosa ed uscirne più saggi e rafforzati.